Gli Ultras ’73 si autosospendono ma promettono che…

Non è una forma di protesta e neppure una scelta presa d’impulso. Quella degli Ultras Catanzaro di autosospendersi è stata una decisione razionale e ponderata. Anche questo gruppo, come tutti i gruppi ultras, ha la propria storia ed uno striscione simbolico dietro cui, per oltre quarant’anni, si è radunato. La struttura aggregativa a sostegno dei colori giallorossi è sorta nel 1973 e da allora  ha dimostrato amore incondizionato per la propria squadra, nella buona e nella cattiva sorte, in giro per tutti gli stadi d’Italia, attraverso coreografie sempre originali accompagnati da inni e cori intonati con il cuore. I componenti del gruppo, soprattutto i più “anziani” avrebbero molto da raccontare: storie di fratellanza e di rivalità, di condivisione e di rispetto, di rischi e di eccessi, di critiche e di repressione. Eppure, anche contro tutti e tutti, contro i pregiudizi della gente e contro quel sistema da loro tanto contrastato, sono rimasti sempre in piedi, costituendo il nocciolo duro della tifoseria del Catanzaro. Fino ad oggi, quando i veri protagonisti della curva Massimo Capraro con una nota diramata a tutti gli organi di stampa hanno comunicato ufficialmente la sospensione della loro attività. Proprio ora, in un momento così delicato per le sorti della compagine giallorossa, si potrebbe obiettare! Proprio ora che gli stessi giocatori e i dirigenti della società hanno più volte ribadito quanto sia importante sentire il sostegno della tifoseria per poter dare il massimo in ogni incontro. Tuttavia a determinare questa scelta è la consapevolezza di essere numericamente pochi per poter continuare a lavorare “dietro le quinte” della curva prima di ogni partita e per poter continuare ad essere baluardo di valori e di codici non scritti ormai sconosciuti al calcio moderno. A colpire il gruppo nel suo zoccolo duro sono stati i sedici provvedimenti di Daspo assegnati ad alcuni ultras dopo i fatti accaduti durante il derby con il Cosenza, e che sommandosi a quelli precedenti, già numerosi,  hanno fatto sentire il loro peso arrivando a contare circa quaranta  “diffidati”. Bensì  gli “irriducibili” ultras hanno tenuto a precisare che  la loro “non è una resa al sistema repressivo, che solo per “questioni di stadio” trova modo di consumare carta bollata, ma si tratta di un atto di rispetto nei confronti di  quarantadue anni di storia contraddistinti dal sostegno casalingo e dall’orgoglio nel portare otto metri di stoffa giallorossa in giro per l’Italia”. Venuta meno la presenza fisica dei tanti membri del gruppo, gli Ultras Catanzaro hanno dovuto prendere coscienza che il loro “inconfondibile modo di tifare non può continuare ad essere quello di sempre”. Sembra giunto, dunque, un momento storico in cui il popolo giallorosso non si potrà più vantare di spettacoli colorati e rumorosi, dietro cui si celava il lavoro e la dedizione di molti. Per loro, per cui essere ultras è “uno stile di vita” rimarrà il legame di gruppo e proseguiranno “a fare la storia di quello che ad oggi risulta il fenomeno più vivo nelle nostra città dormiente. Continuerà – conclude la nota – con maggiore impeto il nostro goliardico vivere quotidiano, il nostro essere Ultras sette giorni su sette, affinché in futuro la nostra marcia possa riprendere”.

Rosita Mercatante