Traffico illecito di rifiuti: 14 misure cautelari

Intervento della Dda

Importante operazione dei Carabinieri di Lamezia Terme che, nelle scorse ore, hanno arrestato quattro persone e sottoposto altre dieci all’obbligo di dimora sempre nella città della Piana. Le misure cautelari sono state emesse dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro, in quanto i soggetti interessati, già destinatari di misure emesse dal Tribunale di Lamezia Terme, sono ritenuti responsabili del reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, la stessa accusa già mossa nei loro confronti nel mese di giugno concernente gli incendi avvenuti nel campo rom di Scordovillo.

Una disposizione, quella odierna, originata dalla richiesta di rinnovazione di misure cautelari personali e reali avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, competente per il nuovo reato di “attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti”. I nomi degli arrestati sono: Antonio Berlingieri (34 anni), Simone Berlingieri (33), Antonio Bevilacqua (32) e Massimo Berlingieri (39).

Nell’operazione, come prevede la legge, è stato rinnovato il sequestro della “Beda Ecologia Srl”, società attiva nel settore del trasporto rifiuti con sede operativa all’interno del campo rom di Scordovillo, con annessi veicoli utilizzati per i predetti trasporti. Il provvedimento di questa mattina, dunque, confermerebbe la ricostruzione dell’ipotizzata filiera criminale capeggiata dalla “Beda Ecologia Srl”, il cui amministratore unico è Antonio Berlingieri. All’interno della stessa, come documentato dalle attività tecniche, una serie di “microconferitori”, prevalentemente residenti all’interno del campo, dopo aver raccolto ingenti quantità di rifiuti pericolosi e non, vendeva gli stessi.

Rifiuti che, violando le norme ambientali, venivano poi lavorati per essere trasportati presso altre società del medesimo settore dell’hinterland lametino. Gli scarti della lavorazione, invece, venivano dapprima scaricati lungo la via d’accesso all’accampamento per poi essere dati alle fiamme in virtù delle grossa quantità che raggiungevano, provocando nubi tossiche contenenti diossina e l’ inquinamento della matrice suolo con possibile interessamento della falda acquifera.

Si tratta di una delle prime applicazioni del nuovo titolo di reato, volto a contrastare le cd. “ecomafie” che prevede la pena della reclusione da uno a sei anni e la confisca, anche per equivalente, delle cose che sono servite a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato.