
Si firma “cittadina impotente ed umiliata” la signora Elisabetta Vitale nella lettera che inoltra alla nostra redazione, e cita un famoso aforisma di Dostoevskij, adattandolo al contesto. Se il poeta russo affermava che “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”, la nostra lettrice afferma che “la qualità di un’amministrazione comunale si misura dallo stato del suo Camposanto”. E allega al suo sfogo le fotografie del cimitero di Catanzaro Lido, per corroborare le tristi parole. La parte “vecchia” del cimitero sembra ormai abbandonata al degrado e all’incuria. La parte “nuova” è invece un continuo cantiere aperto, privo anche delle fondamentali norme di sicurezza.
Non facciamo fatica ad immaginare il percorso che descrive per recarsi alla tomba del padre, scomparso un anno fa: “Accedere alla parte ancora in costruzione del cimitero significa camminare tra le macerie da risulta e buche inaspettate; nessun lastricato, si cammina nel fango o nella polvere a seconda della stagione; ancora avanti ed ecco un sepolcreto coperto solo con pezzi di legno, un mattone rotto e uno strato di plastica nera. Un’altra tomba è coperta con un foglio di plexiglass che si alza con due dita e svela un buco profondo con loculi invasi dall’acqua. Ecco una cappella in costruzione con ferri arrugginiti, un cumulo di macerie a terra proprio di fianco a una tomba, un bancale di legno e un bidone in ferro. Più in là l’accenno di verde spontaneo diventa una latrina a cielo aperto ad uso e consumo delle maestranze”. E scrive ancora: “Il Camposanto è un luogo sacro per tutta la cittadinanza, per sua natura accoglie e custodisce la memoria. Il cimitero di Catanzaro Lido – continua – sta attraversando l’ignominia del disinteresse di politicanti evidentemente lontani dal valore costituente della famiglia”.
Elisabetta riapre anche l’annosa questione dei loculi insufficienti, raccontandoci la difficile scelta di inserire il nome del padre in lista d’attesa, piuttosto che tumularlo in un altro cimitero, lontano dalla famiglia e dagli amici. “Lui è stato fortunato – dice – perché è ospite in una cappella di amici compassionevoli, ma la lista d’attesa è lunga, e ci viene detto di pazientare perché nuovi loculi dovranno essere costruiti a breve. Dopo innumerevoli rinvii, viene effettivamente aperto un piccolo cantiere: calcinacci dappertutto, nessuna segnaletica, nessuna recinzione. I lavori restano incompiuti. Qualche giorno fa – conclude Elisabetta – uno di quei loculi incompiuti è stato occupato: il posto centrale, ad altezza d’uomo, comodo. Ma chi è che ha dato l’autorizzazione per l’occupazione? Non si dovevano convocare prima gli aventi diritto? Perché infliggere al cittadino onesto anche questo ultimo degrado? Dove sono gli assessori e i dirigenti?”. Non possiamo fare altro che dare voce alla sua opinione, sicuramente condivisa da tanti, e rivolgere a chi di dovere le sue domande, confidando in un intervento tempestivo ed efficace. (VL).